10 cori in 10 licei per un totale di 400 studenti romani. A cui si aggiunge il fenomeno de “Il Coro che non c’è”. Abbiamo intervistato il maestro Dodo Versino
Buonanotte fiorellino di De Gregori. Questo l’ultimo pezzo uscito a maggio su YouTube, cantato dai ragazzi de “Il Coro che non c’è”. Una dolce ninna nanna collettiva, che ha raggiunto in una settimana 12.000 visualizzazioni.
Ma non è l’unico video realizzato durante la quarantena dai 90 ragazzi del coro.
Due mesi fa, il remake virtuale di Helplessly Hoping, celebre brano degli anni ‘70 del gruppo americano Crosby, Stills & Nash. Questa volta, in una virtuale versione inedita. Ogni corista ha cantato nella propria stanza, unendo la propria voce a quella di tutti gli altri. Emozione e commozione.
Sperando Impotenti. Un titolo ad effetto. Fa il giro del mondo, raggiungendo lo stesso autore David Crosby, leggenda del folk rock americano che su twitter scrive “Questa versione è la mia preferita. Mi piace più dell’originale” In breve tempo il video è diventato virale in Italia e negli Stati Uniti, raggiungendo quasi mezzo milione di visualizzazioni. Ricondiviso da diverse testate giornalistiche italiane e internazionali, il video è apparso anche nella trasmissione Musica Che Unisce, di Vincenzo Mollica, andata in onda su RAIUNO il 31 marzo scorso.
“Il Coro che non c’è” è una formazione recentissima, considerato che ufficialmente ne si sente parlare dall’estate scorsa. Un fenomeno tutto italiano che arriva dalla Capitale. Ma chi sono questi ragazzi?
Per scoprirlo, siamo andati ad intervistare il loro Direttore, Ludovico (Dodo) Versino. Dodo, classe 82, di mestiere doppiatore, ha nelle vene una duplice vocazione, il teatro ed il canto corale. Figlio d’arte, ama definirsi un “purista” della musica a cappella. Figura eclettica, direttore di vari cori e mente ideatrice di svariati progetti di musica corale, attualmente riunisce intorno a sé un “popolo” di 700 persone, per lo più giovanissime, appassionate di canto corale, 300 delle quali provenienti da 4 formazioni corali storiche da lui dirette. Gli altri 400 sono i suoi ragazzi dei licei: 10 cori in 10 licei della Capitale. Rigorosamente di musica corale a cappella.
Dodo, una grande passione per il canto corale. Come è nata?
Da bambino. E’ stato tutto molto naturale. Mio papà amava la musica corale. Nel tempo libero cantava nel CoroAnaRoma e io non mi perdevo mai un suo concerto.
Ci hai creduto talmente tanto, da radunare intorno a te 700 persone, molte delle quali giovanissime…
Alla fine sì, ma non era preventivato. Ho iniziato a cantare in coro nel 1996, a dirigere cori nel 2006. Nel 2010 è nato il VokalFest, il “raduno” della musica vocale, manifestazione diventata ormai un simbolo della coralità capitolina. Negli anni è cresciuto in me il desiderio di diffondere la bellezza del canto corale tra le giovani generazioni. L’idea è diventata sempre più concreta nel 2012 quando abbiamo fondato l’Associazione Culturale Decanto. Da lì sono nati i progetti nelle scuole. Oggi sono attivi 14 cori, solo 10 nei licei della Capitale.
L’ultimo progetto corale in ordine temporale è “Il Coro che non c’è”. “Il coro che non esiste” si legge sul vostro sito. Spiegaci meglio.
Non esiste perché non ha una sede precisa, non ha né un giorno fisso di prova, né una divisa, né un repertorio fisso. Nemmeno un organico fisso (anche se ci stiamo lavorando). Ci adattiamo alle varie esigenze. Non ha neanche una data esatta di fondazione, se ne parla da anni, ma nessuno sa quando sia effettivamente partito il progetto. Alcuni dicono che sia nato al Festival di Primavera di Montecatini dell’anno scorso, altri che sia nato l’estate del 2019, altri ancora fanno notare che da anni esiste un video su YouTube chiamato “La Stirpe dei Dodo” fortemente collegato a questo gruppo.
Come nasce?
Dai banchi di scuola, dai ragazzi stessi, dal loro entusiasmo. Io dirigo i cori di 10 licei di Roma, con oltre 400 ragazzi. Ad un certo punto mi sono ritrovato gli studenti di un liceo in un altro. Non solo partecipano alle prove del proprio liceo. Attraversano Roma in metro e bus per “imbucarsi” alle prove degli altri licei, si mischiano. “A noi mancano i bassi”: spesso poi, in caso di necessità i coristi del coro di un liceo vanno a rinforzare l’organico dell’altro, trasformando così un coro di dieci elementi in uno di cento.
I cori diventano fluidi. I coristi si mescolano tra loro e finiscono spesso a prendere il gelato o semplicemente ad uscire insieme. Nascono amicizie trasversali. Si fidanzano, si frequentano, sbocciano. Prima della “clausura” mi mandavano video, in trenta in pizzeria, dove improvvisamente si mettevano a cantare. Negli anni tra i coristi di questi licei è nata spontaneamente una piccola rete corale.
Così ho pensato di formare un coro con i più “fomentati”. Desideravano un’identità propria, a prescindere dalla scuola. Ne è uscito un “gruppone” di giovanissimi appassionati di canto a cappella. Sono circa 90 ragazzi liceali ed ex liceali, dai 14 ai 22 anni, provenienti dai cori dei licei Albertelli, De Sanctis, Keplero, Visconti e altri licei ed università romane.
Vi siete fatti notare dal grande pubblico a settembre con il video Queencubo… com’è andata?
Sempre dal basso. “Sarebbe bello fare un medley a cappella dei Queen, che ne dite?” Proposta accolta con entusiasmo. A settembre registriamo un video a cappella nel cortile del liceo Visconti. In pochi mesi, quasi mezzo milione di spettatori tra YouTube e RepubblicaTV. Veniamo chiamati ad esibirci nella trasmissione Tu Sí Que Vales, sul palco dell’Auditorium Parco della Musica e perfino al Quirinale.
Parlaci di com’è nata l’idea di Helplessly Hoping…
Avevamo trascritto questo brano in estate, il 14 marzo avevamo in programma un concerto, dove avremmo cantato proprio Helplessly Hoping. Ma l’Italia s’è fermata. C’erano già le parti, lo stavamo già studiando. Ho detto ai ragazzi: “Tenetevi pronti, lo facciamo, anche se ognuno da casa propria”. Volevo tenerli impegnati. Il testo della canzone, che parla di difficoltà, aiuto, forza di stare insieme, è calzante. Poi è successo quello che è successo. Il video è diventato virale. Sinceramente non ci aspettavamo un’attenzione così grande da parte del pubblico e della stampa, nazionale ed internazionale. Ha stupito molto vedere 50 ragazzi che cantano insieme un brano degli anni ’70.
Altri progetti nati in quarantena?
Anche per “il Coro che non c’è” c’è la possibilità di “reclutare” nuovi coristi, tramite audizioni. In questo periodo ai coristi dei licei è stata offerta l’occasione di partecipare alle audizioni online, per accedere al laboratorio corale di accesso al progetto “Il coro che non c’è”. I candidati hanno affrontato dunque un vero e proprio provino e i selezionati (circa 80) hanno avuto accesso al corso di formazione intitolato il corSo che non c’è, gestito dai ragazzi titolari del coro stesso, con accesso ai file studio e lezioni divise per sezione corali, finalizzate allo studio del repertorio del coro.
E poi c’è TeleCoro, un bellissimo progetto che riesce a tenerci uniti anche da lontano. Continuiamo a cantare da casa e a formarci. Come la didattica a distanza permette agli studenti di rimanere in pari con le lezioni e di andare avanti con lo studio, così anche i cori hanno scelto di portare avanti il loro percorso. Riusciamo a soffermarci con più attenzione su aspetti che di solito tralasciamo, per mancanza di tempo. 400 persone divise in 14 cori, 8 maestri, 8 materie, 16 lezioni a settimana, divise per materie con classi di 15 persone. Tutto in digitale. Si va da Fisiologia del Canto a Solfeggio, da Ear training, Arrangiamento e Storia della Musica fino ad Armonia. Una vera e propria rete corale, che comprende tantissime lezioni.
Un sogno per il futuro?
Un sogno? Adesso sogniamo una vita normale, un concerto vero, magari davanti al Pantheon, con tanto di guanti e mascherine. Che ne sarà del futuro di questo gruppo non ci è dato saperlo, il vero risultato è l’esistenza stessa di questo coro.